Il maestro. Vittorio Vinciguerra
La vita nella casa di via Opizzoni non era facile, neanche per papà Vinciguerra, ufficiale dell'esercito di stanza alla caserma Passalacqua, che aveva il suo bel daffare per crescere, con 1'encomiabile aiuto della moglie, ben otto figli, tre maschi e cinque femmine. La disciplina impartita ed il decoro segnavano il cammino dei ragazzi, facendo sentire meno pesanti le carestie e le privazioni.
La vita giovanile di Vittorio, l'ultimo dei maschi, scorreva tra la frequentazione scolastica, la vita dei cortili e della strada, corso Alessandria, le presenze alla messa domenicale e la pratica oratoriana, insostituibile punto d'incontro delle giovani generazioni. Ma non mancava mai il doveroso contributo a faccende ed impegni di casa.
Un grande ascendente, la sveltezza di mente e lo spirito libero lo facevano primeggiare sui coetanei, pronti ad accodarsi alla vivacità carismatica di Vittorio.
Al tempo degli studi universitari l'ardua scalata della facoltà di giurisprudenza era supportata, per pagarsi le spese, dal lavoro di cameriere a Milano, la sera, alla trattoria "Naviglio blu". Quando tornava a casa era d'obbligo la frequentazione al bar Ligure di Eugenio Canegallo, dove eccelleva al gioco delle carte: maestro e stratega dello scopone scientifico (per il quale partecipava anche a gare di livello nazionale) e abile ad imbrogliare i ruoli nella brisca in cinque. Era diventato cosi importante 1'appuntamento serale con il gioco delle carte che tutti volevano misurarsi con lui; occorreva, gia nel tardo pomeriggio, incaricare qualcuno di occupare il posto serale. L'immancabile presenza di una sigaretta, Nazionale Esportazione, schiudeva subito la rincorsa ad un'altra. Poi finalmente il lavoro, quello di Assicuratore alla Lloyd, che non si era lasciato scappare il giovanotto che, solo studente di giurisprudenza, aveva combattuto e vinto contro gli esperti ti periti della compagnia nella
contorta vicenda di un incidente stradale. Il ritrovo serale, intanto, aveva mutato il nome in bar Ambra. Certe serate, accantonate un poco le carte, trascorrevano al racconto delle storie di tutti i giorni mentre prendevano corpo i progetti per il futuro. Con i cimenti goliardici della notte si scommetteva, se per arrivare alla chiesa della Cavallosa, fosse più breve la strada che passava dalla Passalacqua o quella da Torre Garofoli. Veniva concretizzata immediatamente la verifica raggiungendo le località ed effettuando problematiche misurazioni (il più delle volte il responso indicava come più breve, ma di soli cinquanta metri, la percorrenza dalla Passalacqua).
Era proverbiale 1'eleganza e lo stile da indossatore che contraddistingueva "Vinci"che vestiva presso "Duca d'Este" a Milano e acquistava gli ombrelli in via della Spiga. Poi si desto improvvisa, insana, 1'inarrestabile malattia per il calcio. Pensare che non aveva mai tirato calci alla palla: era una fatica che lo disturbava! II bar Ambra divenne un via vai di calciatori, soprattutto genovesi (Vignolo, Cappanera, il vecchio Ghilino, Rosin, Panucci padre), tutti accaparrati per la coppa dei bar dove la formazione dell'Ambra era la più tenace e sanguigna, anche nei suoi tifosi. L'amore per il Derthona lo portò, ben presto ad esserne il più importante esponente, fino a divenirne presidente, dove poté mettere a disposizione tutta la sua sapienza manageriale, 1'intuito ed una capacita di programmazione fuori dal comune. Gli amici fedeli di corso Alessandria lo accompagnarono alla causa dei Leoni Bianconeri: Leandro, Reginato, i fratelli Bonzani, Cremonti Dino, Bregni, Merlo, Lino Zogno, prezioso collaboratore e "Geo" Carniglia. II Bottegone accolse il suo "messia" che riuscì a condurre il Derthona a livelli di competitività e di stabilità societaria mai raggiunti. Si avvaleva dell'importante supporto tecnico di' personaggi competenti, Airoldi di Milano e poi Campagnoli, ma il tutto sempre visionato e messo alla prova dal nostro Carlo Cosola: un altro maestro!
II più importante talent scout nostrano sapeva offrire a Vittorio le giuste diritte sui calciatori in prova, come quella volta che un certo Bonfiglio portò alla prova un portierone, così diceva lui, che avrebbe fatto il bene alla causa del Derthona. "Charly" lo mise subito all'opera nel primo pomeriggio: "Tiro di collo piede da fuori area..: gol; tiro di interno a girare sulla destra..: gol; tiro forte, ma centrale..: gol". Quando verso sera il procuratore Bonfiglio - detto "la Zingara", per via del suo pittoresco girovagare nel mondo del calcio - venne premuroso a chiedere notizie sul provino, Carlo, con flemma, ma con assoluta determinazione, inquadrò la situazione cosi: "U' patissa i tir rasoterra, u' po no ved quei alt, e quei central u' i ciapa no" (patisce i tiri rasoterra, e infastidito da quelli alti e quelli centrali non li piglia). Un'altra volta, ancora in un "provino" ad un portiere, che durante la partitella era uscito goffo su un cross, mancando la palla a scapito della testa di un giocatore, Cosola aveva immediatamente suggerito: "Sabino, sta atenta che ar balou 1'e quei sensa cavi...." (Sabino stai attento che il pallone da afferrare non ha i capelli).
"Vinci" sapeva districarsi con grande abilità nel mondo del pallone e seppe confrontarsi, senza alcuna "gena", con club della massima serie, Inter, Torino, Cremonese da cui attinse ottimi giovani per il prestito dei quali, oltre alla partecipazione agli stipendi, riusciva ad ottenerne la comproprietà e sostanziosi premi di preparazione ed affermazione. Quanti giocatori spiccarono il volo da quei Derthona! Dapprima la consacrazione dei tortonesi Muratori, Gastaldi, Nordio, Romanini, Riva, 1'indispensabile linfa locale nell'economia della squadra e della società, poi Mariano Riva, che arriverà a calcare i campi erbosi della "A", Gabbana, Rizzardi, Consonni, Ardemagni, Martini, Russo e tanti altri. Anche personaggi pittoreschi come Umberto Domenghini, oriundo di Ponte S. Pietro (Bergam de' fora), Claudio Olindo de Carvalho, fratello del "Messicano". "Domingo", in possesso di straordinarie doti atletiche era capace di sopportare allenamenti disumani. Per questo gli venne trasferito il conio "Uomo chiamato cavallo". Portiere zazzeruto portentoso tra i pali ma anche protagonista di qualche vertiginosa resa. Idraulico per qualche tempo ma con la voglia di cavalcare una seconda giovinezza da attaccante acrobatico. Nell'attesa di decidere, anche lui, una volta passata una terza giovinezza, di ammainare, finalmente, il glorioso vessillo. Il Derthona si era strutturato come una grande società organizzata e rispettata, con una squadra temuta, capace di andare a vincere sui campi più blasonati. I Leoni furono per lungo tempo la terza forza calcistica del Piemonte dopo Juve e Toro. La Federazione gioco calcio, che aveva gia iniziato ad affidargli importanti ruoli al proprio interno e cariche commissariali, lo aveva addirittura indicato come successore di Cestani alla presidenza della federazione semiprofessionistica di stanza a Firenze. Un traguardo prestigioso ed allettante per chiunque, che tuttavia non era tra le indispensabili mire di Vittorio: perlomeno non di più del suo Derthona e dell'amata Tortona.
"Vinci" era stato capace di coinvolgere le istituzioni, la cittadinanza, le aziende dalle quali ebbe significativi supporti anche logistici (gli interventi allo stadio, la formazione del campo Orsi per gli allenamenti, aiuti per la conduzione e per le trasferte). Si adoperò per 1'inserimento nell'organico societario di giovani di talento come Bruno Binasco, rubato al basket ed introdotto al calcio, dove seppe portare, da subito, una qualificata partecipazione, finché, per motivi di forza maggiore, lo dovette affidare, con la certezza di avviarlo verso una rilevante carriera, ad Eugenio Ansaldi. Aveva anche adocchiato quel ragazzetto che seguiva con insistenza, e con passione, le squadre giovanili bianconere. Con la lungimiranza di sempre prese, sotto la propria impareggiabile ala, Vittorio Berago, Vito, trasferendogli insegnamenti ed esperienza. Erano tempi di grandi strategie societarie e di mercato: quotati campioni e promesse emergenti facevano ancor più grande quel Derthona. Con il tempo, però, il calcio muta fino a sfuggire dalla logica sportiva, niente e più lo stesso, soprattutto ora che non c'è più "Vinci"!
La squadra bianconera, che corre verso il centenario, traccheggia tra strategie meno competenti e scelte, a volte, bizantine. E' di quest'estate un colpo ad effetto dei nuovi manager che scuote 1'assopita tifoseria bianconera: il sanguigno, iracondo, Silla è sostituito, nei quadri dirigenziali, dall'aventiniano Stomba, al rientro con un nuovo biondo look. Cambio alla pari senza diritto di riscatto.
Tratto da “Leoni indomabili” di Gianni Rossi, stamp. Litocoop Tortona (2004)
mercoledì 15 marzo 2006
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